martedì 14 luglio 2009

mercoledì 8 aprile 2009

Governo collaborazionista

Ecco come i nostri piduisti al Governo combattono la n'drangheta! Riporto un articolo del giornalista di Repubblica di Giuseppe Baldessarro.

Il grido di allarme dopo una riunione dei procuratori"Ormai molte sedi non sono in grado di funzionare"
Calabria, procure vuote"Tra poco stop alle udienze"
di GIUSEPPE BALDESSARRO


TRA qualche settimana non saranno più in grado di garantire neppure le udienze. Per non parlare di indagini e inchieste destinate a fermarsi. La giustizia rischia la paralisi nell'intera regione. Niente più inchieste contro la 'ndrangheta in Calabria. Nulla contro la corruzione, men che meno contro i reati comuni. Il grido dall'allarme ieri è stato lanciato dai 13 procuratori a conclusione di un vertice che si è tenuto a palazzo di Giustizia di Catanzaro. Una riunione nella quale a parlare sono stati i numeri. L'indice di scopertura delle procure calabresi sta per toccare il 40%, con punte dell'80% (a Palmi e Vibo Valentia) ed il 100% della Procura dei minorenni di Reggio Calabria. Solo per fare qualche esempio a Palmi, nella piana di Gioia Tauro su un organico che prevede 10 magistrati resteranno in 2. A Vibo valentia 1 su 6. E a Locri 2 su 8. Ma non va meglio nelle altre procure dove le percentuali dei posti scoperti supera di molto il 50%. Procure di frontiera, in molti casi. Come quelle di Crotone o Paola. Uffici che già allo stato sono sommersi di lavoro e che a breve collasseranno. I procuratori hanno auspicato che "l'emergenza possa essere fronteggiata con il ricorso alle incentivazioni previste dalla legge di cui sollecitano l'urgente attuazione" ed hanno chiesto che "governo e Parlamento adottino tutte le iniziative perché siano presto apportate le necessarie modifiche alla legge sull'ordinamento giudiziario in modo da consentire di nuovo, nel rispetto dei principi costituzionali, di rifornire di magistrati le procure".
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La carenza di organico, dice il Procuratore di Catanzaro Vincenzo Lombardo che ha letto il documento conclusivo, "si è venuta a creare per effetto della recente legge che fa divieto di destinare alle Procure i giovani vincitori di concorso. Ne consegue che l'unica fonte di approvvigionamento delle Procure del Sud risulta del tutto inaridita". I capi degli uffici hanno ribadito che molte sedi "non saranno in grado di funzionare, impedendo sia lo svolgimento delle indagini, sia l'esercizio dell'azione penale, sia la stessa celebrazione dei processi in un territorio caratterizzato da ogni forma di illegalità e dalla presenza della 'ndrangheta unanimemente riconosciuta come la più pericolosa e potente tra le organizzazioni criminali". E' chiaro che gli incentivi a venire in Calabria devono essere adeguati. Non basta più quanto fatto fino ad oggi. Lo dicono le richieste: su 27 posti pubblicati per l'ultimo concorso, 25 sono senza aspiranti. I 2 soli posti che verranno coperti saranno attribuiti a magistrati già in servizio presso altri uffici calabresi. In più c'è da dire che dalla regione andranno via in 15, con l'effetto che da 27 scoperture si salirà a 42. In Calabria la giustizia si fermerà. Dicono i procuratori: "Nessuno vuole fare il pm nella regione. E nessuno è sufficientemente incentivato a venire a farlo"

Vicinanza e soliedarietà ai terremotati dell'Abruzzo

Esprimo la mia soliedarietà e vicinanza ai terremotati della regione Abruzzo.

domenica 8 febbraio 2009

Vicino alla famiglia Englaro

Vicino a Eluana, a mamma Saturnia a papà Beppino.

Contro gl' ignobili avvoltoi politici. Contro le gerarchie ecclesiastiche.

Per il diritto di disporre della propria vità in libertà, senza alcuna costrizione.

domenica 1 febbraio 2009

W Caselli W il pool antimafia W Giuseppe Gatì

Giuseppe Gatì è morto. Fulminato in un incidente di lavoro. Dicono. Non più tardi di due mesi fa era balzato agli onori della cronaca per aver urlato in faccia delle verità scomode all’onorevole Sgarbi, inneggiando al magistrato Caselli e al pool antimafia. Questa sua “intemperanza” gli era costata un fermo di 6 ore, da parte delle forze dell’ordine, durante le quali è stato più volte indotto (vanamente) a rivelare il nome della persona che deteneva la cassetta che aveva filmato le scene della protesta.

Queste le sue parole: "E’ arrivato il nostro momento, il momento dei siciliani onesti, che vogliono lottare per un cambiamento vero, contro chi ha ridotto e continua a ridurre la nostra terra in un deserto, abbiamo l’obbligo morale di ribellarci'."

http://it.youtube.com/watch?v=zsKXXgftFGY

lunedì 19 gennaio 2009

De Magistris: E' momento di resistere e di lottare

Non posso esimermi dal riportare l'articolo scritto su Micromega dal coraggioso magistrato Luigi De Magistris alla luce dell'ennesima carognata compiuta dal CSM ai danni del procuratore capo di Salerno Luigi Apicella e dei suoi due sostituti procuratori rei di aver compito il loro dovere fino in fondo!

De Magistris: E’ il momento di resistere e di lottare

L’altro giorno, in uno dei tanti viaggi tra Napoli e Catanzaro, ascoltavo la bellissima canzone di Francesco De Gregori e mi venivano in mente frammenti di storia scritti da magistrati della Repubblica italiana.Pensavo al coraggio del Procuratore della Repubblica di Palermo, Gaetano Costa, che, da solo, si assunse la responsabilità di firmare degli ordini di cattura, al coraggio di Rosario Livatino ed Antonino Scopelliti che non piegarono la testa e decisero di esercitare il loro ruolo con rigore ed indipendenza, a quello di Paolo Borsellino che consapevole di quello che stava accadendo ai suoi danni cercava di fare presto per giungere alla verità e per comprendere anche le ragioni della morte di Giovanni Falcone e degli uomini della sua scorta.Pensavo a quanta mafia istituzionale accompagna tanti eccidi accaduti negli ultimi trent’anni.Pensavo a quello che sta accadendo in questi mesi in cui si consolidano nuove forme di “eliminazione” di magistrati che non si omologano al sistema criminale di gestione illegale del potere e che pretendono, con irriverente ostinazione, di adempiere a quel giuramento solenne prestato sui principi ed i precetti della Costituzione Repubblicana, nata dalla resistenza al fascismo.Pensavo a quello che possono fare i singoli magistrati oggi per opporsi ad una deriva autoritaria che ha già modificato di fatto l’assetto costituzionale di questo Paese.Pensavo a quello che può fare ogni cittadino di questa Repubblica per dimostrare che, forse, ormai, l’unico vero custode della Costituzione Repubblicana non può che essere il popolo, con tutti i suoi limiti. In attesa di quel fresco profumo di libertà – del quale parla il mio amico Salvatore Borsellino e per il quale ci batteremo in ogni istante della nostra vita, in quella lotta per i diritti e per la giustizia che contraddistingue ancora persone che vivono nel nostro Paese – che ci farà comprendere quanto concreto sia il filo conduttore che accomuna i fatti più inquietanti della storia giudiziaria d’Italia degli ultimi 30 anni, non dobbiamo esimerci dall’evidenziare alcune brevi riflessioni.In attesa dei progetti di riforma della giustizia (che mi pare trovano d’accordo quasi tutte le forze politiche) che sanciranno, sul piano formale, l’ulteriore mortificazione dei principi di autonomia ed indipendenza della magistratura, non si può non rilevare che i predetti principi – che rappresentano la ragione di questo mestiere che, senza indipendenza ed autonomia, è solo esercizio di funzioni serventi al potere costituito – sono stati e vengono mortificati proprio da chi dovrebbe svolgere le funzioni di garanzia e tutela di tali principi.Dall’interno della Magistratura, in un cordone ombelicale sistemico di gestione anche occulta del potere, con la scusa magari di evitare riforme ritenute non gradite, si procede per colpire ed intimidire (anche con inusitata deprecabile violenza morale) chi, all’interno dell’ordine giudiziario, non si omologa, non intende appartenere a nessuno, non vuole assimilarsi alla gestione quieta del potere, ma rimane fedele ed osservante dei valori costituzionali di uguaglianza, libertà ed indipendenza che chi dovrebbe garantirne tutela – anche con il sistema dell’autogoverno – tende, in realtà, a voler governare, dall’interno, la magistratura rendendola, di fatto, prona ai desiderata dei manovratori del potere.Ma non bisogna avere timore. La storia – ed ancora prima la conoscenza e la rappresentazione di fatti quando essi saranno pubblici – ci faranno capire ancor meglio di quanto tanti hanno già ben compreso, le vere ragioni poste a fondamento di prese di posizione anche di taluni magistrati (alcuni dei quali ritengono anche di svolgere una funzione di “rappresentanza”, in realtà, concretamente, insussistente). Quello che rileva in questo momento e che mi pare importante è che, in attesa del fresco profumo di libertà, che spazzerà via alcuni protagonisti indecenti di questo periodo, ogni magistrato abbia un ruolo attivo, non si disorienti, diventi attore principale – nel suo piccolo ma nella grande “forza” di questo mestiere che richiede oneri prima ancora che onori – della salvaguardia dei valori costituzionali.Ognuno di noi, chi ha deciso di fare questo lavoro con amore, passione e forte idealità, ha un luogo, interno alla propria coscienza, al proprio cuore ed alla propria mente, dal quale attingere forza e determinazione nei momenti bui. E’ questa l’ora delle risorse auree: se insieme sapremo esercitare le nostre funzioni in autonomia, libertà, indipendenza, senza paura di essere eliminati da intimidazioni istituzionali o da “clave” disciplinari utilizzate in violazione della Costituzione Repubblicana.Per me, le riserve energetiche sono state e sono tuttora, soprattutto, le immagini di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, anche perché nei giorni delle stragi mafiose – con riferimento alle quali attendiamo verità e giustizia anche per le complicità sistemiche intranee alle Istituzioni – avevo appena consegnato gli scritti nel concorso in magistratura. Quando Antonino Caponnetto disse che tutto era finito, nel mio cuore ed in quello di molti altri magistrati è scattata una molla per dimostrare che non doveva essere così, che, invece, bisogna lottare e non mollare mai. Anche nella certezza di poter morire - come diceva Paolo Borsellino nella consapevolezza che tutto potesse costarci assai caro – vi sono magistrati che ogni giorno cercano di applicare, nei provvedimenti adottati, il principio che la legge è uguale per tutti.Da quando le organizzazioni mafiose hanno dismesso la strategia militare di contrasto ed eliminazione dei rappresentanti onesti e coraggiosi delle Istituzioni, il livello di collusione intraneo a queste ultime si è consolidato enormemente, tanto da rappresentare ormai quasi una metastasi istituzionale che conduce alla commissione di veri e propri crimini di Stato. Questo comporta che oggi dobbiamo difendere, ogni giorno e con i denti, la nostra indipendenza e l’esercizio autonomo della giurisdizione – nell’ossequio del principio costituzionale sancito dall’art. 3 della Costituzione – anche da veri e propri attacchi illeciti, talvolta condotti con metodo mafioso, provenienti dall’interno delle Istituzioni.Che può fare, allora, un magistrato? Che può fare un Uditore Giudiziario che a febbraio prenderà le funzioni giurisdizionali? Che può fare un Giudice civile? Che può fare un Giudice del Tribunale del Riesame? Che può fare un Giudice del settore penale? Che può fare un Pubblico Ministero? Che possiamo fare quelli di noi che non si piegano al conformismo giudiziario? Che possiamo fare quelli che vogliono esercitare solo questo lavoro con dignità e professionalità, senza pensare a carriere interne o esterne all’ordine giudiziario?Credo che la ricetta è semplice, anche se sembra tutto così complicato in questo periodo così buio per la nostra Costituzione per la quale non dobbiamo mai smettere di combattere: si deve decidere senza avere paura – innanzi tutto di chi dovrebbe tutelarci e che si dimostra sempre più baluardo di certi centri di interessi e poteri, nonché fonte di pericolo per l’indipendenza del nostro stupendo lavoro –, senza pensare a valutazioni di opportunità, senza scegliere per quella opzione che possa creare meno problemi, decidere nel rispetto delle leggi e della Costituzione, pronunciarsi nel segno della Verità e della Giustizia. In tal modo, avremmo adempiuto, con semplicità e nello stesso tempo con coraggio, al nostro mandato, la coscienza non si ribellerà con il trascorrere del tempo, magari potremmo anche capitolare, ma, come dice Salvatore Borsellino, lo avremmo fatto senza “esserci venduti”. Non avremo svenduto la nostra indipendenza, non avremo piegato la nostra coscienza, non avremo abdicato al nostro ruolo, non avremo abbassato la testa: ci ritroveremo con la schiena dritta, con il morale alto, con il rispetto di tutti (anche dei nostri avversari). Questo ci chiedono le persone oneste: di non “consegnarci” e mantenere alto il prestigio dell’ordine giudiziario in un momento in cui la questione morale assume connotati epidemici anche al nostro interno. Non bisogna avere paura di un potere scellerato che pretende di opprimere la nostra libertà ed il nostro destino.Ai giovani colleghi mi permetto, con umiltà e per l’immenso amore che preservo per questo lavoro, di esortarli a non temere mai le decisioni giuste e di perseguire sempre la strada della giustizia e della verità anche quando questa può costare caro. Io ero consapevole che mi avrebbero colpito e che mi avrebbero fatto del male, ma non ho mai piegato, nemmeno per un istante, il percorso delle mie scelte ed oggi mi sento, come sempre, sereno, ricco di energie, molto forte, perché dentro il mio cuore e la mia mente sono consapevole di aver espletato ogni condotta nell’interesse della Giustizia e nel rispetto delle leggi e della Costituzione Repubblicana. Non ascoltate quelle sirene, anche interne alla nostra categoria, che vi inducono – magari in modo subdolo e maldestro – a piegare la testa in virtù di una pseudo-ragion di stato che consisterebbe nel pericolo imminente di riforme sciagurate, per evitare le quali dobbiamo, strategicamente, “girarci” dall’altra parte quando ci “imbattiamo” nei cd. “poteri forti”. Le riforme – anzi le controriforme – ci saranno comunque, forse saranno terribili, ma almeno non dobbiamo essere noi a dimostrarci timorosi e con le gambe molli, malati, come diceva Piero Calamandrei, di agorafobia. L’indipendenza si difende senza calcoli e ad ogni costo, l’amore della verità può costare l’esistenza. Ed essa si difende anche da chi la mina, in modo talvolta anche eversivo, dal nostro interno. Nella mia esperienza gli ostacoli più insidiosi sono sempre pervenuti dall’interno della nostra categoria: non sono pochi i magistrati, oramai, pienamente inseriti in un sistema di potere criminale che reagisce alle attività di controllo e che si muove, dal sistema, per evitare che sia fatta verità e giustizia su tanti fatti criminali inquietanti avvenuti nella storia contemporanea del nostro Paese.Sono convinto che la magistratura non soccomberà definitivamente solo se saprà ancora esercitare la sua funzione senza paura, ma con coraggio, nella consapevolezza che anche da soli, nella solitudine propria della nostra funzione, quando ognuno di noi deve decidere e mettere la firma sui provvedimenti, e, quindi, valutare fatti e circostanze, lo farà senza farsi intimidire dalle conseguenze del suo agire. La paura rende gli uomini schiavi, così come le decisioni dettate con un occhio a carriere e posti di comando sono destinate a mortificare le funzioni prima ancora che rendere indegne le persone che le rappresentano. Quindi, in definitiva, la storia la dobbiamo scrivere anche noi, nel nostro piccolo mondo, pur nella consapevolezza che alcuni di noi pagheranno un prezzo ingiusto e magari anche molto duro, ma questo è per certi versi ineluttabile quando si è deciso di svolgere una funzione che ci impone di difendere, nell’esercizio della giurisdizione, i valori di uguaglianza, libertà, giustizia, verità, quali effettivi garanti dei diritti di cui i cittadini, ed in primis i più deboli, ci chiedono concreta tutela.

Luigi De Magistris è giudice del Riesame a Napoli